Cosa ci vuole per fare lo UX designer?

Supponiamo che un bel giorno vi svegliate desiderando di voler cambiare lavoro (magari da settori limitrofi, oppure con salti professionali più lunghi). E mettiamo il caso che il lavoro che volete svolgere sia lo UX designer. Da dove si comincia? Cosa vi conviene fare?

Non so se sia una ricetta universale, ma io condivido la mia, sperando vi sia utile.

1. L’incontro significativo con un altro UX designer
Nel mio caso è stato abbastanza evidente che la molla per la manifestazione del mio desiderio sia stata inciampare su un (futuro) collega che il mio capo all’epoca definì come colui “whose hair just exploded” (i cui capelli erano appena esplosi).
Perché? Perché ha risposto alle mie domande incuriosite, mi ha spiegato cosa fosse la User Experience, mi ha contagiato con il suo entusiasmo.
Infine, mi ha fatto capire l’importanza dei punti seguenti.

2. Entrare nella community
Il nanosecondo dopo essermi affacciata nel mondo della UX mi sono resa conto di avere un gran numero di bisogni (proprio come le persone che avrei studiato in seguito):

  • il bisogno di formazione, perché, specialmente in Italia, è un ambito innovativo ancora pochissimo recepito dall’accademia; ma anche per la natura molto pratica di questo bisogno che richiede workshop, esercitazioni, sessioni di gruppo per venire soddisfatto.
  • il bisogno di orientamento, per ricevere consigli su chi sono gli esperti da seguire su un certo tema, sui libri fondamentali da avere, sui corsi su cui vale la pena investire risorse.
  • il bisogno di confrontarsi, perché si tratta di un mondo in costante evoluzione e che si avvale di best practice, di esperienza quindi, per cui diventa vitale -specie all’inizio- ascoltarla dalla viva voce dei colleghi.
  • infine, il bisogno di una pacca sulla spalla. Questo lavoro ci porta spesso dentro situazioni complesse dal punto di vista professionale e anche umano, perché si interagisce con figure distanti e a volte con persone difficili. Confrontarsi su questo aiuta a superare i momenti di sconforto.

Io ho trovato prezioso entrare nello UX Book Club di Roma: una comunità di persone che si incontrano una volta al mese per commentare un libro (ma non solo) su uno dei tanti temi legati dal filo rosso della UX. Ne stanno nascendo altri due in Italia, uno in Sardegna e l’altro a Milano. Non siate timidi e andateci! Non ve ne pentirete.

Poi ci sono eventi su scala nazionale come il Summit Italiano di Architettura dell’Informazione, dove vengono svolti workshop formativi e si ascoltano presentazioni di chi lavora o studia nel settore. Si è appena conclusa l’edizione del 2012, a mio parere ottima: vi consiglio di dare un’occhiata alle tre presentazioni che ho preferito.

Ma bisogna esserci e viverlo (mi direte, ve lo potevo dire prima! Vero).

Se ve lo siete persi, non potete però mancare alla versione europea dello stesso, l’Euro IA Summit, visto che quest’anno si terrà a Roma, a fine settembre.

3. Avere entusiasmo, tanto.
Perché c’è bisogno di studiare parecchio, discipline diverse, leggere libri e blog, seguire gruppi di discussione e questo livello di impegno, secondo me, si ottiene solo se si ha passione. Quanto meno è molto più divertente, se l’avete.

Ho dimenticato qualcosa? Se sì, scrivetemelo.

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