In questo periodo, per caso e in modo deliberato, sto riflettendo su certi aspetti del mio percorso professionale e del mio vissuto personale.
Alcuni nuovi colleghi mi hanno fatto ricordare cose sepolte nella mia memoria riguardo al mio modo di imparare. E mi sono resa conto che questo non è mai cambiato, nella mia vita. Gli argomenti oggetto di studio, invece, moltissimo.
I miei mi raccontano che da bimba usavo la ciambella in spiaggia, per imparare a nuotare. Un giorno, di colpo, mi dirigo verso l’acqua senza ciambella, sicura. Mia madre mi rincorre urlando, e io serafica le rispondo “Non ne ho bisogno, mamma. So nuotare, ora”. E così è stato.
Stesso discorso con la bicicletta e le rotelle: di punto in bianco dissi a mio padre di togliermele, che non ne avevo più bisogno, che ormai sapevo andarci senza. E inforcata la bici sapevo effettivamente farlo.
Ricordo abbastanza chiaramente quella sensazione di sicurezza, di maturità, che mi facevano sentire in grado di provarci da sola. Che mi rammenti, avevo sempre ragione.
In seguito è stato così imparare nuove lingue, riuscire a prendere l’autobus da sola, ma anche imparare una qualche nuova disciplina. Ho bisogno del mio tempo: incamero informazioni, leggo tantissimo, osservo chi quella cosa la sa fare, e lo faccio a lungo, senza analizzare né tirare le somme. In quei momenti sono una spugna, assorbo e basta, in modo avido e interessato, e non mi basta mai.
Poi succede qualcosa, senza preavviso: c’è un click nella mia testa, un momento in cui mi fermo, non ho più voglia di aggiungere elementi, perché l’argomento in questione ha assunto una struttura di senso compiuto, dove tutto ciò che ho incamerato ha un suo posto preciso, e si relaziona al resto. È tutto chiaro. In quel momento mi sento pronta a provarci, e mi lancio.
Per me questo processo è naturale e istintivo, ma mi rendo conto che per gli altri probabilmente non lo è.
Qualcuno fra voi ha ragionato su come impara nuove cose? Sarei curiosa di sentirlo.
