Cosa si impara a insegnare la UX

La settimana del mio workshop allo IED si è conclusa e posso tirare le somme su cosa mi abbia insegnato.

Brainstorming post-ricerca con gli utenti: mappatura
Brainstorming post-ricerca con gli utenti: mappatura

L’ultimo giorno ho posto ai ragazzi una serie di domande per analizzare quanto avevamo fatto insieme. Voglio provare a farmi le stesse domande e vedere cosa ne esce fuori.

Qual’è stata la cosa che ti ha sorpreso di più?

Essere stata in grado di dare un feedback costante, motivato e circostanziato sul lavoro dei ragazzi. Mi ha dimostrato in modo tangibile che il metodo dello user-centered design ha basi solide e molteplici applicazioni.

Quale è stata la cosa che ti è parsa più difficile?

La fatica fisica oltre a quella mentale. Rispetto a una lezione frontale il workshop ti prosciuga di energia, nonostante lavorino loro!

Prototipo allestito per il test di usabilità
Prototipo allestito per il test di usabilità

E quale quella più divertente?

I test di usabilità. Vedere i ragazzi soffrire nel testimoniare che il loro prototipo aveva dei problemi è stato bellissimo. E’ un momento di svolta dell’intero processo, dove metti alla prova le tue convinzioni e le devi lasciar andare per un bene superiore, che è quello di soddisfare il tuo utente.

Uno dei prodotti ideati dai ragazzi: un free-press per la terza età.
Uno dei prodotti ideati dai ragazzi: un free-press per la terza età.

Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

La soddisfazione di essere riuscita a instillare dei dubbi nelle testoline in cerca di certezze.

La costante sfida con il mio carattere e le personalità degli altri, per costruire un rapporto proficuo e di crescita.

La convinzione ancora più radicata che amo questo lavoro.

Il modo in cui imparo nuove cose

In questo periodo, per caso e in modo deliberato, sto riflettendo su certi aspetti del mio percorso professionale e del mio vissuto personale.

Alcuni nuovi colleghi mi hanno fatto ricordare cose sepolte nella mia memoria riguardo al mio modo di imparare. E mi sono resa conto che questo non è mai cambiato, nella mia vita. Gli argomenti oggetto di studio, invece, moltissimo.

I miei mi raccontano che da bimba usavo la ciambella in spiaggia, per imparare a nuotare. Un giorno, di colpo, mi dirigo verso l’acqua senza ciambella, sicura. Mia madre mi rincorre urlando, e io serafica le rispondo “Non ne ho bisogno, mamma. So nuotare, ora”. E così è stato.

Stesso discorso con la bicicletta e le rotelle: di punto in bianco dissi a mio padre di togliermele, che non ne avevo più bisogno, che ormai sapevo andarci senza. E inforcata la bici sapevo effettivamente farlo.

Ricordo abbastanza chiaramente quella sensazione di sicurezza, di maturità, che mi facevano sentire in grado di provarci da sola. Che mi rammenti, avevo sempre ragione.

In seguito è stato così imparare nuove lingue, riuscire a prendere l’autobus da sola, ma anche imparare una qualche nuova disciplina. Ho bisogno del mio tempo: incamero informazioni, leggo tantissimo, osservo chi quella cosa la sa fare, e lo faccio a lungo, senza analizzare né tirare le somme. In quei momenti sono una spugna, assorbo e basta, in modo avido e interessato, e non mi basta mai.

Poi succede qualcosa, senza preavviso: c’è un click nella mia testa, un momento in cui mi fermo, non ho più voglia di aggiungere elementi, perché l’argomento in questione ha assunto una struttura di senso compiuto, dove tutto ciò che ho incamerato ha un suo posto preciso, e si relaziona al resto. È tutto chiaro. In quel momento mi sento pronta a provarci, e mi lancio.

Per me questo processo è naturale e istintivo, ma mi rendo conto che per gli altri probabilmente non lo è.

Qualcuno fra voi ha ragionato su come impara nuove cose? Sarei curiosa di sentirlo.

copyright © 2006 sean dreilinger