Prima di Internet: papà, mamma, il telefono e il dizionario

Durante una notte insonne per i postumi influenzali mi sono tornati in mente alcuni episodi della mia infanzia e adolescenza che tradiscono l’appartenenza alla mia generazione. Lo spartiacque fra quelli nati negli anni ’70 e quelli nati nei decenni successivi è, manco a dirlo, Internet. E  per quelli come me, le questioni quotidiane si risolvevano in altro modo.

Se ascoltando il TG incappavo in una parola nuova andavo da mio padre, il depositario del sapere di casa. Lui mi dava sempre la stessa risposta: “Cercalo sul dizionario”. Da piccola mi faceva arrabbiare da matti ma crescendo ne ho capito l’importanza, anche se lui sostiene di averlo detto più che altro per togliermi di torno.

Se invece c’era da decifrare un fatto di cronaca o una situazione politica, allora mi dava qualche spiegazione in più e in genere finiva col consigliarmi un paio di libri di storia (che io, confesso, non ho mai letto). Però era rassicurante sapere che lui sapeva.

Geir_Moen_95

Mia madre invece assolveva a un altro compito, quello di segugio. Sarà stata la sua formazione in biblioteconomia, fatto sta che molto prima di Facebook lei era in grado di ricavare informazioni preziose su chiunque. Come quella volta che, vedendomi diventare fan dell’atletica leggera per via del velocista norvegese Geir Moen, scrisse una lettera al suo ufficio stampa che mi rispose inviandomi una sua foto con autografo, qualche settimana dopo. Sembrava impossibile!

La questione in questo caso, era: come diamine si trovano i recapiti dell’ufficio stampa di un atleta straniero? Si facevano telefonate e si chiedevano indicazioni, spesso ottenendo altri numeri, e si proseguiva nel percorso sperando di arrivare a destinazione, prima o poi. Parlare molte lingue era sicuramente un grosso vantaggio. Telefonare all’ora giusta, durante le ore d’ufficio e non la pausa pranzo, era qualcosa da considerare attentamente se non si volevano perdere giorni preziosi.

TuttoCitta87

Ma la vera sfida, da romani, era ovviamente quella di decidere che strada fare per arrivare da qualche parte. Su queste cose non esisteva un esperto di riferimento in famiglia: lì era guerra aperta fra mamma e papà, a suon di “ma che dici, è meglio l’Olimpica, a quest’ora!” e “ma no, taglia dal centro che fai prima!”. E la cosa drammatica era cercare di ascoltarli e prendere una decisione avendo di fronte le mappe del Tuttocittà, dove naturalmente non esisteva traccia della cosiddetta Olimpica, perché i toponimi e i nomi popolari già discordavano.

Non credo di avere una marcia in più per aver vissuto queste cose. Però ricordo lo sforzo e la fatica nel mettere insieme le informazioni e discriminarle e la soddisfazione finale di ottenere il risultato, che a volte sembrava davvero un miraggio. Mi permette di apprezzare, ogni giorno, il fatto di girare con un motore di ricerca in tasca e poter sapere subito cosa significa una parola che non conosco.

Riabilitarsi agli occhi dei clienti, si può. Il mio caso con Decoramo

Cosa ci vuole per riabilitare l’immagine di un’azienda (il brand, direbbero quelli del marketing) per un cliente scontento e arrabbiato? A volte anche una telefonata.

Circa un anno fa ho vissuto una disavventura con gli sticker da parete di Decoramo, che mi aveva lasciato con l’amaro in bocca e una pessima opinione dell’azienda in questione, che a suo tempo non aveva dimostrato nessuna attenzione verso il problema di un singolo utente.

A distanza di un anno ricevo la chiamata inaspettata della nuova responsabile dell’azienda, che intende dare seguito al mio incidente con il loro prodotto. Si informa su cosa fosse accaduto e si offre di rimborsarmi il danno, oltre ad assicurarmi che avvieranno delle indagini con il dipartimento tecnico per capire perché è successo e come evitarlo in futuro.

Ecco, se questa attenzione fosse avvenuta contestualmente al danno, probabilmente il post negativo non l’avrei mai pubblicato.

Il mio invito alle aziende quindi è di usare la rete per dialogare con i propri clienti e di non temere nemmeno le recensioni negative (come spiega bene Gianluca Diegoli nel suo video)  . Nessuno si aspetta l’infallibità: l’umanità e la cortesia, invece, sì.

Con il merito non si vincono i concorsi

Leggo questo titolo sul Corriere.it ed ho subito un flashback

Notizia sul Corriere su un nuovo possibile concorso per la scuola

Mi rammento del mio docente di Estimo all’universitá, che ci incitava a fare l’ultimo grande concorsone per l’insegnamento nella scuola pubblica, prima dell’avvento definitivo della temutissima SSIS. Era l’anno 1999 e non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello di andare a insegnare, tanto meno Estimo (probabilmente la materia piú pallosa fra le tante che ho studiato). Eppure spinta da queste minacce e da mia sorella (“provaci, che ne sai? “) lo feci anche io.

Si diceva, allora, che non ci sarebbe mai piú stato nessun concorso per accedere all’insegnamento, eppure eccoci qui a intravederne il prossimo.

Avendone fatto qualcuno di concorso posso tranquillamente affermare che è un sistema a dir poco obsoleto e abusato per assumere persone nel pubblico impiego. Soprattutto è uno strumento ipocrita, e vi spiego cosa intendo.

Teoricamente si dovrebbe selezionare la persona piú capace a ricoprire un determinato incarico. Quella persona potrebbe avere -ma non è detto- piú esperienza e titoli di altre, ma soprattutto dovrebbe possedere delle capacitá personali (vogliamo chiamarle skills) che lo/la rendono migliore per ricoprire quell’incarico.

Ebbene, un concorsone con migliaia di persone in cui lo screening iniziale è costituito da un test di cultura generale a risposta multipla non è assolutamente affidabile a discernere i meritevoli dagli ordinari. Oltre tutto si presta molto facilmente all’imbroglio (si vedano i foglietti con le risposte scritte che circolano). Feci un anno fa un intervento in diretta a Nove in punto da Oscar Giannino su questo argomento sbraitando contro i test, e non riuscii mai a sentire la risposta.

La veritá è che lo strumento si presta benissimo ad un altro sport nazionale, che è il lavaggio delle mani: nessuno è responsabile di nulla, né dello screening iniziale (lo facciamo fare a tutti quelli in possesso di laurea, siamo democratici!) né sulla selezione dei pochi superstiti (perché, titoli a parte, la maggior parte dei punteggi viene saggiamente spostata sugli orali dove i risultati sono facilmente manipolabili).

Per far vincere il merito, serve qualcuno che abbia il coraggio delle proprie azioni: serve un manager pubblico che bandisca posti in cui sia chiaro il ruolo e commisurata l’esperienza e le capacitá richieste; serve un bando trasparente e non scritto in burocratese; serve una shortlist dei candidati migliori con nome e cognome di chi li ha scelti e perché; serve una commissione che in modo altrettanto trasparente scelga tra i candidati la persona migliore per quel ruolo.

Ma no, continuiamo a nasconderci dietro al (finto) concorso per tutti, dietro all’anzianitá al posto del merito. E rimarremo saldamente dove siamo ora: in un paese di anziani immeritevoli.

Saper scrivere per gli utenti non richiede una laurea

A casa abbiamo da poco montato delle grate sulle portefinestre del balcone, visto che a maggio scorso dei ladri acrobati si erano arrampicati fino su e ci sono entrati in casa in piena notte (con noi dentro).

GrateCome abbiamo scelto il fabbro a cui rivolgerci? Partivamo da zero, quindi abbiamo cercato su Google. Dopo qualche ricerca, approdiamo al sito di Sicurmetal di Giovanni Marzulli. I nostri dubbi su materiali, serrature e soluzioni piú opportune sono stati presto chiariti dai dettagliati post che Giovanni inserisce puntualmente nel blog che è l’elemento centrale del suo sito.

La sera, invece di andarmene in giro, io mi metto lá e scrivo. Spiego quello che so, mi documento sulle ultime novitá in fatto di sicurezza e le pubblico. Io mi sono chiesto: “ma cosa vuole sapere la gente quando deve montare un infisso o una porta blindata?” e cerco di dare delle risposte. E funziona! Ricevo almeno 20 telefonate al giorno da gente che ha letto il mio sito.

Tra l’altro, ai clienti che arrivano dal sito Giovanni offre uno sconto del 5%.

E’ un artigiano, probabilmente non ha mai studiato marketing, tanto meno web 2.0, eppure alla soluzione a portata di mano ci è arrivato da solo. Mettendosi in gioco, mettendoci la passione per il suo lavoro, e mettendoci la faccia. E devo dire che da clienti noi siamo stati piú che soddisfatti dell’intera trattativa e esecuzione del lavoro.

Non è mai troppo tardi per rimarcare che è finita l’era dei siti vetrina, delle chiacchere vuote del marketing per infiocchettare il nulla (vedi, anzi senti i testi ridicoli degli spot di arredamento proiettati prima dei film).

Erica Swallow ci fornisce interessanti e veloci linee guida su come progettare e implementare un corporate blog che funzioni,  che puó anche essere semplice e bruttino, come abbiamo visto. I siti di piccole aziende (lei fa riferimento a dimensioni non italiane, ovviamente, ma il discorso è analogo) dotate di corporate blog ricevono  il 55% in piú del traffico rispetto a chi non lo fa. E non è un caso che al punto 4 della lista sia citato “avoid PR and marketing” (evitate PR e marketing).

Un paese di miopi e di livree

Ho ripreso a percorrere il centro da un po’ di mesi, dopo anni di gite fuori raccordo.  Tra le certezze che mi attendono ogni giorno ci sono i turisti, il prepotente di turno e la costante del 90 rotto.

Filobus 90 a Roma
L'elegante livrea ecologica del 90

Per i non romani, il 90 è una delle linee “veloci” a lunga percorrenza e, unica nel suo genere, è effettuata da un filobus doppio (pensate, ha persino un blog dedicato che consiglio ai miei colleghi come summa di esempi da non seguire). In teoria fantastico, perché elettrico. Peccato però che da ormai diversi anni le vetture si rompano in continuazione, con conseguenze devastanti sul traffico già al collasso della Nomentana e ovvi disagi per i passeggeri.

E ogni volta mi chiedo: ma perché si rompono così spesso? Com’è possibile? E la risposta che mi do è sempre la stessa: mancata manutenzione. Questo termine dovrebbe venire rimosso dal Devoto-Oli perché totalmente desueto, in Italia. Facciamo grossi investimenti sul rinnovo delle linee (la FM3 Roma-Viterbo elettrificata e raddoppiata, a suo tempo, oppure queste linee express, o anche le nuove carrozze della metro A), chiedendo finanziamenti ingenti che, suppongo, sono sia pubblici (UE) che privati.

Ma poi? Poi li lasciamo invecchiare, inesorabilmente, evitando accuratamente qualsiasi intervento volto a preservarlo in condizioni di decenza, incluse le pulizie. Lo noto quando sono in Francia, in Germania o in Spagna: i mezzi pubblici sono puliti, funzionanti, non devastati dai graffiti o dai vandali come da noi. Non sono sempre nuovi, ma sono in ottimo stato.

Noi ci lasciamo abbagliare dal fascino del nuovo, dal lucido della vernice intonsa alle imbottiture dei sedili, fino all’aria condizionata che sembra un miraggio nei corridoi asfittici delle metro romane. Ma sappiamo che non durerà.

Perché mai? Cosa ci impedisce di adottare una costante manutenzione? Non ritengo credibile che sia un problema insito nel nostro DNA e sono un po’ scettica sull’argomentazione “è culturale”: lo apprezziamo all’estero, perché in casa nostra non lo pretendiamo?

L’unica risposta che mi pare plausibile è che ci sia un interesse dietro. Un interesse sugli appalti per i mezzi nuovi che sicuramente muovono milioni di euro e un disinteresse totale dell’amministrazione nel mantenerli efficienti e usabili, così da sostituirli al prossimo giro (di mazzette).

Il fenomeno è generalizzabile a tantissime realtà. Pochi giorni fa sono stata all’Auditorium Parco della Musica per vedere uno spettacolo e oltre a quello sul palco mi è toccato sorbirmene un altro nel parcheggio multipiano. Versa in uno stato di degrado tale che viene quasi da  pensare sia stato abbandonato e non sia realmente aperto al pubblico: sporco, con infiltrazioni d’acqua che colano dal soffitto, luci rotte e lampeggianti, pieno di buche e pareti scrostate, e non menziono nemmeno la cassa. Pare di stare nel Bronx.

A volte ho l’impressione che questo atteggiamento ci descriva parecchio, come paese. Non impariamo dal passato, spendiamo in modo incontrollato e interessato nel presente, e siamo incapaci di pianificare un futuro che ci consenta di risparmiare e vivere meglio.

Decoramo.it: una delusione, a dir poco

Ricordate il mio post entusiasta sulla decorazione adesiva da parete in stile Pong? Cambiata decisamente idea.

Ecco, l’abbiamo acquistata da Decoramo.it, abbiamo seguito le istruzioni per filo e per segno, e come risultato…è venuta via la tinta dalla parete (e forse anche l’intonaco).

Danno da sticker Decoramo.it

La ditta, dopo numerosi solleciti, mi ha solamente rimborsato il costo dell’adesivo (e vorrei vedere!) e offerto un buono regalo (a parole, ad oggi ancora non mi è arrivato nulla) che chiaramente non ho molta voglia di utilizzare. A loro modo di vedere le cose, non possono verificare il danno e fondamentalmente non si ritengono responsabili perchè non hanno eseguito loro l’installazione. E’ colpa della mia parete, dicono.

Da parte mia, io posso solo dire che la mia parete era in ottimo stato, in una casa ristrutturata da poco e a regola d’arte (avendo un architetto in casa che ha seguito i lavori, posso dirlo con cognizione di causa).

Come cliente mi ritengo altamente insoddisfatta non solo del prodotto, che mi aspetto venga testato su molteplici superfici, ma del trattamento ricevuto dall’assistenza clienti.

Basta poco a farmi contenta. Delle scuse, per esempio, sarebbero state bene accette, cosí come un gesto simbolico, un contributo alle spese di tinteggiatura che ora mi vedo costretta a sostenere. Invece per tutta risposta mi è stato detto che “non è mai capitato a nessuno”.

Bene, magari è vero, magari sono la prima a cui è capitato. Se è cosí, che questo post serva da monito ai futuri clienti, sperando facciano attenzione. Se invece cosí non fosse, be’, magari ne troveró altri come me grazie alla rete, e decideremo il da farsi.

Gentile ditta Decoramo: se siete cosí certi della bontá del vostro prodotto, perchè non aprite un servizio di feedback trasparente, non filtrato, sul vostro sito? E’ cosí che noi internauti valutiamo la qualitá di un venditore. Avete un’occasione di dimostrare la vostra buona fede e professionalitá: coglietela!

(Ad ogni modo, non si cancella l’ordine “scomodo” per evitare tracce dello stesso nel vostro database. Conservo tutte le mail di tutti i miei ordini online, per vostra informazione.)

[EDIT: la storia ha avuto un lieto fine, per fortuna!]

Ormai non è più reato vendere cibi avariati

Da Corriere.it:

Tutte le disposizioni legislative anteriori al primo gennaio 1970 sono state cancellate dal «taglia-leggi», tranne quelle ritenute «indispensabili alla permanenza in vigore» che sono state elencate. La legge 283 del 1962 sulla tutela degli alimenti nell’elenco non c’è. Dimenticanza, distrazione, volontà? Non si sa.

Quindi da ora le mozzarelle blu, il pesce avariato o i cibi scaduti serviti in hotel 4 stelle (mi è accaduto) non sono più perseguibili.

Mi auguro che il vuoto legislativo venga colmato prestissimo, anche perchè era già un ambito ampiamente sottovalutato (vedi servizi sui NAS brevissimi con nessun follow up e niente nomi delle ditte coinvolte nelle frodi), ci manca solo che venga legittimato.

Lavoro sotto la scrivania

A tutti i politologi, ideologi, ogniologi: esaminiamo insieme questa simpatica “offerta di lavoro”.

Azienda in ambito internazionale su Roma imminente apertura ricerca:
Web Editor/Data Entry/assistente direzionale

In ambito…vabbe’, ok. Vediamo la descrizione delle mansioni.

Il candidato ideale è donna

Uh. E perche’? (temo di saperlo)

La figura si occuperà di
-aggiornare i contenuti di un portale (sia testi che elenchi telefonici)
-cercare e selezionare i materiali informativi… [ecc ecc]

ma anche

E’ previsto anche lavoro di assistenza di direzione (centralino, corrispondenza, agenda appuntamenti, organizzazione meeting, front office etc)

Quindi vi serve una segretaria, ma avete paura a dirlo. Forse anche perche’ chiedete competenze linguistiche, di redazione, web, e via dicendo.

La retribuzione media mensile è di € 500

Ah, ecco.

Se il candidato risponde ai requisti richiesti E PRODUCE, è interesse dell’azienda assumerlo con compenso adeguato.Si garantisce massima serietà, ma se ne richiede altrettanta.
NO PERDITEMPO NE CURRICULA GONFIATI GRAZIE non ce lo possiamo permettere.

Mi sa che non vi potete permettere un sacco di cose. Sicuramente non un web editor, visto che non avete idea di cosa significhi.

Auguri.

(E ora, venitemi a parlare di disoccupazione giovanile)