Che lingua parlano le icone?

Un’immagine vale più di mille parole. Giusto? Be’, dipende dall’immagine.

In un’ottica di risparmio di spazio, di ottimizzazione per il mobile e, magari, anche per seguire la moda o rendere più “carine” le pagine che progettiamo, spesso ricorriamo alle immagini per sostituire alcune parole.

Le icone sono tra le più usate, perché piccole, utili, spesso già disponibili e, soprattutto, perché sono risconoscibili da tutti. Ma è proprio vero? No, non lo è.

Aurora Bedford ci ricorda che le persone si basano sulla loro esperienza precedente per capire cosa si nasconda dietro a un’icona. E questo è ciò che ho fatto io oggi, sul sito di Dyson, convinta di aver compreso come fare un’azione.

Dyson ricambioEro alla ricerca di un pezzo di ricambio per il mio aspirapolvere: lo trovo tra quelli non più in produzione ma con diversi pezzi ancora disponibili. Arrivo alla pagina del pezzo che cercavo, leggo prezzi e consegna, e cerco il modo per poter condividere velocemente la pagina via mail per potermela spedire.

Dove pensate che vada?

Naturalmente sull’icona ‘condividi’ lassù, in alto a destra. Giusto?

Sbagliato. Guardate cosa si nasconde dietro quell’icona:

Condividi

Altre icone! Quelle dei social media, per la precisione. Ma….attenzione! Non servono a condividere questa pagina sui vostri social media, come vi aspettereste. Sono link alle pagine social di Dyson.

(Io qui ho un sospetto: che su questa funzionalità ci abbiano messo mano più persone. La prima che inserisce le icone social pensando che siano, appunto, per far condividere la pagina alle persone. La seconda, a cui qualcuno dice di inserire i link ai social Dyson, e li mette lì. Chissà!)

E secondo voi, a cosa serve l’icona con il globo?

Io non ne avevo idea. Istintivamente, ho pensato significasse sito web, o internet, ma non aveva senso visto che mi ci trovavo già. Cliccandoci, porta a questa pagina qui:

Seleziona Paese

Io non me l’aspettavo. Forse un’icona con la bandiera sarebbe stata più chiara, anche se non avrebbe risolto l’ambiguità tra lingua del sito e sito nazionale: come vedete ci sono siti nazionali in più lingue, tra le opzioni.

Le icone sono spesso problematiche perché persone diverse ci leggono concetti diversi. Basandosi su cosa hanno visto dietro ad icone simili (già, c’è anche la questione delle varianti!) si aspettano un certo contenuto o una funzionalità. E se non le trovano si sentiranno irritate, sperdute, e abbandoneranno l’intento che avevano e quindi il vostro sito.

Esistono pochi standard sulle icone, ma almeno quelli di base cerchiamo di rispettarli. Aggiungiamo delle piccole etichette per renderle ancora più chiare: non sarà cool, ma è utile. E poi testiamole: vediamole in azione, con le persone vere, e capiamo se fanno il loro dovere o se confondono anziché chiarire.

 

 

Toglietemi tutto, ma non il mio touch screen!

Quando non riesco a fare la spesa online preferisco l’Auchan: grande assortimento di prodotti senza glutine, anche etnici, e piuttosto vicino a casa.

La settimana scorsa ero lì dopo pranzo in mezzo alla settimana che mi godevo le corsie vuote, quando noto qualcosa che non va. Ero nell’area ortofrutta in cerca di banane e mi accorgo che diverse persone sono in fila alle bilance e si guardano attorno disorientate. “Saranno rotte o sarà qualcuno che non le hai mai usate”, penso. Quando tocca a me mi avvicino a pesare le mie banane, spavalda, con un’aria da manovratrice di bilance digitali consumata, e mi trovo davanti questa roba qui:

Nuove bilance Auchan

“Ma come, è sparito il touch screen con tutti i tastini con la frutta e la verdura!?” Esatto. Di colpo tutta la mia sicurezza svanisce in un lampo.

E quindi come funziona adesso? Funziona che invece di ricordarti il numero a due cifre del prodotto e cercarlo in mezzo ai disegni di frutta o verdura, ora ti devi ricordare un numero a tre cifre e poi devi digitarlo (senza errori) su un tastierino. Su quei pulsanti bianchi con i numeri. No, non sono i tasti colorati, che si vedono di più, quelli non ti servono a niente e devi ignorarli: sono quelli bianchi sulla destra. Sulla sinistra sono bianchi ma vuoti, tipo disabilitati, lasciali perdere. Ecco.

Vado a riguardare il numero alla cassetta delle banane, torno, provo a digitarlo e non succede niente. O meglio, succede che la bilancia fa uno strano bip, e forse compare qualcosa sul display, ma niente che mi indichi cosa fare. Ci riprovo, mi guardo intorno, ma le persone di prima sono scomparse e non c’è nessuno a cui chiedere (“Ecco di cosa parlavano quelli lì!” ). Tolgo la busta dalla bilancia e ricomincio da capo. Al terzo tentativo alzo lievemente la testa e vedo quell’orribile cartellone giallo che pensavo fosse un avviso di pubblica sicurezza o un disclaimer, e invece è una pubblicità della campagna Auchan per risparmiare. Aspetta un attimo: pensa un po’ che fortuna, è anche un cartello di istruzioni della bilancia. Strategicamente posizionato accanto all’estintore per l’emergenza, con cui condivide alcuni colori, e con il suo aspetto allarmistico mi aveva proprio depistata. Ci sono scritti persino i codici di alcuni prodotti (ma mica tutti quelli del reparto, non c’è posto). E in fondo, ecco la cosa che mancava: spingere il tasto V1, altrimenti non si stampa lo scontrino.

Il tasto V1, mica il tasto “Stampa” o “OK”, no. V1. Mi viene quasi voglia di fare una ricerca su Google per capire da dove venga fuori il nome del tasto, ma in fondo no, chissenefrega. Devono averlo pensato anche loro: che ce frega dei clienti che diventano scemi? Lasciamolo così, impareranno. Gli abbiamo pure scritto le istruzioni, in rosso e nero su giallo! Se non le vedono sono davvero stupidi o cecati.

Io mi immagino una riunione, in una delle stanze dei dirigenti Auchan, con un commerciale della ditta di bilance Acme che gli racconta di quanto sia preciso e innovativo questo nuovo modello XYZ, di quanti miliardi di funzioni è possibile attivare grazie ai duemila tasti di cui è provvisto. Magari gli avrà anche detto che le icone sono superate, oppure che con quel sistema era molto complesso per loro aggiungere un prodotto nuovo. Me lo vedo il dirigente entusiasta a firmare il contratto di fornitura convinto di aver fatto un’ottima scelta.

Eppure gli sarebbe bastata una passeggiata nelle corsie dei suoi supermercati, osservando cosa fanno le persone di fronte alle nuove bilance, per comprendere di aver fatto davvero una grossa cavolata.

Due link sull’usabilità e uno sulle gesture

Vi avevo accennato che stavo preparando un webinar sull’usabilità: l’ho tenuto, è andato bene (a giudicare dalle reazioni) e quindi vi segnalo le slide annotate con cui potete scoprirlo o rinfrescarlo, se l’avete seguito. Occhio che in Slideshare le note compaiono in un tab un poco sotto le slide, che non si vede facilmente (l’usabilità!). Cercatele per seguire meglio il discorso, visto che le mie slide sono quasi prive di testo.

Oggi sono stata ospite di un blog, quello di Giacomo Mason sulle Intranet, per parlare di test di usabilità in ambiente intranet, per l’appunto. Fatemi sapere se trovate utile il post.

Infine, vi segnalo questo studio interessantissimo sulle gesture: si tratta di un lavoro fatto da UX Fellows (una rete di professionisti UX internazionale, di cui fa parte l’italiana UserTestLab) sui pattern e le differenze culturali nell’uso delle gesture a distanza. Guardate il video e scaricate lo studio, è divertente e ne vale la pena.

A presto, con un post un po’ più corposo! 🙂

User-centered design applicato ai giochi per gatti

Qualche giorno fa ho sorriso molto nel ricevere il pesce d’aprile che ci ha riservato Jakob Nielsen: un articolo che riportava nella sua consueta struttura un verosimile studio di usabilità condotto sui gatti per le applicazioni touch, con conseguenti linee guida di progettazione.

Pur essendo uno scherzo vi confesso che, avendo due gatti in casa, l’osservazione di come interagiscano con i giochi per me è affascinante al pari di assistere a un test di usabilità con gli umani. E mi chiedo come possiamo applicare i nostri metodi per progettare un’esperienza utente soddisfacente per essere così diversi da noi.

Byte e games for catsSull’Ipad ho installato un’app pensata per i felini, Games for cats: tra i possibili scenari ce n’è uno che simula un laser pointer, che normalmente fa impazzire qualunque gatto, ma che in versione schermo non rende il contrasto necessario (il laser ha la sua massima efficacia al buio) e infatti viene spesso snobbato dai miei pelosi. L’altro scenario, quello prediletto, è la caccia al topolino: i gatti ci si fiondano con entrambe le zampe per prenderlo, e quando ci riescono squittisce. Ma spesso lo cercano al di fuori dello schermo, convinti che si sia nascosto sotto il tablet quando scompare dal loro campo visivo. Infilano quindi le zampe sotto, cercando di stanarlo, e rimangono perplessi del fatto che riappaia sempre sopra. In questo caso la situazione diventa preoccupante per me perché ho paura che mi capovolgano l’Ipad o lo facciano cadere dal divano, quindi li fermo!

Hagen massage center for cats

Esiste poi una linea di giochi fisici studiata appositamente per i felini, di cui ho acquistato al momento un solo pezzo ma che mi ha colpito molto per l’approccio di design. La linea Cat-it della Hagen propone infatti dei giochi che stimolano tutti i sensi del gatto e che mescolano il gioco alle necessità quotidiane di cibo o altro.

Io immagino che loro progettino i prodotti all’incirca come noi ci occupiamo di un artefatto digitale. Provo a indovinare:

Avranno fatto un’osservazione…felinografica? Osservare di nascosto come si comportano i gatti che vivono all’esterno, in appartamento, e provando a stimolarli non con domande ma con oggetti vari per testare le loro reazioni.
Avranno forse realizzato un benchmarking sugli altri giochi e accessori disponibili sul mercato, magari addirittura vedendo come i gatti ci interagiscono.
Si saranno documentati sulla fisiologia e sull’etologia feline per capire i loro bisogni quotidiani, dato che non possono chiederglieli. Qualcosa come il farsi le unghie, lo strofinare le ghiandole del muso negli angoli, la necessità di “fare la pasta”, la voglia di caccia e di gioco, l’appetito, e così via.
Avranno quindi progettato dei prototipi con varie forme, materiali e stimolazioni sensoriali, e li avranno testati su dei campioni di gatti. Chissà se hanno considerato (come Nielsen suggeriva scherzando) gatti di età diverse, di razze diverse, di provenienze diverse (domestici e semi-randagi). A pelo lungo e pelo corto? Sterilizzati o meno?

Forse avranno persino tenuto conto dei bisogni di altri utenti apparentemente secondari: gli umani che convivono con i felini! Gli oggetti infatti sono destinati a stare per lo più dentro casa. Saranno quindi esteticamente gradevoli? Saranno pesanti o leggeri? Smontabili o interi? Saranno lavabili? Hanno parti che si possono sostituire? E infine, quanto costano?

Dato il successo dei loro prodotti immagino che l’azienda abbia lavorato più o meno così. 🙂

Certo mi piacerebbe sapere i dettagli il processo che hanno seguito. Ancora di più mi piacerebbe cimentarmi con prodotti così lontani da quelli che progetto normalmente. Chissà, potrebbe succedere!

UsabilitABC: un webinar gratuito di Architecta per capirne di più

Usable usability index, book by Eric Reiss

Mercoledì 10 aprile, alle 18:30, comodamente dal vostro pc casalingo potete seguire un webinar gratuito in cui vi spiegherò i concetti alla base dell‘usabilità. Iscrivetevi!

Architecta, organizzatrice di questi cicli formativi a distanza e del Summit Italiano di Architettura dell’Informazione, è un’associazione che sostiene e promuove coloro che progettano il modo in cui le persone e le informazioni interagiscono. Ne faccio parte con altri stimati colleghi e amici da tre anni.

Cos’è l’usabilità?

Prendo a prestito la definizione di Eric Reiss, dal suo ultimo libro Usable usability, traducendola in italiano:

L’usabilità ha a che fare con la capacità di un individuo di compiere attività specifiche o di raggiungere obiettivi più ampi mentre “utilizza” una qualsiasi cosa sia oggetto di studio, miglioramento o progettazione – inclusi i servizi che non comportano nemmeno l’interazione con un oggetto come una maniglia o una pagina web.

Quindi un oggetto usabile è quello che ci permette di raggiungere un nostro obiettivo, svolgendo una serie di attività con esso. Ma c’è di più: è anche quell’oggetto che ci permette di considerare l’intera esperienza come piacevole e soddisfacente.

Se vi sembra un ragionamento complesso,  be’,  iscrivetevi al mio webinar: cercherò di renderlo più semplice e comprensibile per voi.

Vi aspetto!

L’usabilità di Italo Treno non va tanto meglio

Siccome può sembrare che io ce l’abbia su con  Trenitalia per il loro pessimo sito (e sono in compagnia di buona parte della rete), non volendo fare un torto a nessuno vi racconto anche le stranezze viste oggi sul sito di Italo.

Non confronterò i processi di acquisto ma alcune semplici interazioni in cui sono incappata.

Torno sul sito dopo parecchio tempo e provo ad accedere al mio account, che mi pareva aver salvato con username e password. Seguo il link ma mi trovo questo messaggio:

Account inesistente Italo

Che strano, eppure io sono sicura di essermi già registrata con questo account. E se fosse solo la password sbagliata? Seguo il link di recupero password (che non c’è in questo messaggio!) e inserendo la medesima casella e-mail di prima ottengo l’invio della nuova password.

Allora il mio account non è inesistente! E perché mi dite che lo è?

Proseguo inserendo la password temporanea e, correttamente, il sistema mi porta direttamente a una pagina dove devo creare la mia nuova password. Ottimo.

Inserisco la password: primo errore. Devo rispettare determinate regole di caratteri e lunghezza, ovviamente. Ok, se me lo dicevate prima evitavamo questo passaggio, ma pazienza.

Inserisco una seconda password corretta. Il sistema sembra in stallo, poi compare questo messaggio:

Errore sulla password Italo

Perché la mia password non è valida? Non me lo dicono.

Mi fanno venire il sospetto, con la seconda frase, che sia già stata utilizzata da me in passato, ma è impossibile visto che l’ho appena cambiata per rispettare le regole. E poi io non ho fatto 5 tentativi, ero solo al secondo! Di nuovo, vengo lasciata a me stessa senza indicazioni di cosa stia succedendo e perché.

Altra informazione che invece mi forniscono è che il servizio di assistenza è disponibile “fino alle 24”. Ma a partire da che ora? O significa h24? Di nuovo, mah.

Ovviamente non mancano i dettagli sull’errore, utilissimi: 1123 – ExternalSystemFailurePasswordHistory. Immagino che se chiamo l’assistenza e riferisco loro questo errore sapranno certamente cos’è.

In sostanza: sarebbe utile avere solo le informazioni necessarie, passo per passo, in modo chiaro. E niente di più.

Ma continuo, e perseverando, torno alla pagina, inserisco una password diversa e questa volta pare funzionare. Lo noto perché il sito mi dice che sono loggata. Mi fido?

loggata italo

Vado alla Home page cliccando sul logo, e succede una cosa strana. La Home appare così:

home sloggata italo

Boh. Si sono persi il log navigando nel sito? Andiamo bene.

Riprovo a loggarmi? Clicco su Accedi al tuo account ed ecco un nuovo messaggio di errore, che questa volta mi lascia completamente basita:

area protetta italo

Ho l’impressione che ci sia ancora da lavorare prima di ritenere questo sito davvero usabile. Non basta il font grande e leggibile, caro Italo.

L’usabilità (si fa per dire) del sito di Trenitalia

Ogni tanto qualcuno mi chiede in cosa consista il mio lavoro, e oggi ho un esempio lampante da farvi che, forse, ve lo farà capire: provare a cambiare un biglietto sul sito di Trenitalia.

Mi concedo il diletto di presentarvelo come se fosse un film. Mettetevi comodi: sarà lunghetto, ci saranno un sacco di immagini, e qualche sorpresa alla fine.

L’avventura comincia qui

Ho acquistato poco fa un’andata e ritorno per Milano sul Frecciarossa, che devo cambiare. Vado quindi sul sito alla ricerca dei miei biglietti (devo prima entrare nella mia area riservata) e cerco l’opzione del cambio biglietto.

Mi trovo davanti (in basso!) lo storico dei miei acquisti, e già noto una cosa:

Menù azioni sul biglietto

Nonostante io abbia acquistato un viaggio a/r, i menù che mi permettono di operare sono distinti fra andata e ritorno. Probabilmente, quindi, sarò costretta a ripetere l’operazione due volte. Cominciano bene.

Clicco su “Cambio biglietto”, e mi trovo questa schermata.

Schermata cambio biglietto

Per proseguire devo necessariamente selezionare il check box per l’unico passeggero (!), che sarei io, e poi selezionare “adulto” dal menù a tendina.

Era assolutamente necessario questo passaggio? Ma continuiamo.

Mi trovo davanti ai seguenti bottoni: Aggiungi passeggeri – Elimina passeggeri – Cambia offerta/servizio – Cambia soluzione.

Io voglio cambiare il biglietto, ossia cambiare data e orario: quale dovrei scegliere? L’opzione “cambia data e orario” non compare.

A naso, e solo perché mi ricordo che il sito di Trenitalia si riferisce a date e orari come “soluzioni di viaggio”, scelgo l’ultimo bottone.

Sembra funzionare.

Schermata scelta da modificare

Sorvolo su tutte le opzioni sovrastanti la tabella e sul fatto che, di nuovo, mi dia la possibilità di cambiare da adulto a bambino (magari nel frattempo ho cambiato idea sulla mia età, chissà). Vado avanti, e scelgo la data e orario alternativi dalla lista.

Individuo una soluzione che mi vada bene, e clicco su Cerca.

Mi dà errore.

Schermata di errore

“Il cambio biglietto è consentito solo verso l’offerta Economy cambio biglietto”. Ah be’, chiarissimo!

Ma allora perché mi avete fatto proseguire fino a qui, mi domando?

Mi lambicco un po’ il cervello per capire cosa possa significare quel messaggio. Alla fine, visto che contiene la parola “offerta”, mi viene in mente di tornare alla prima scelta, quella dei quattro bottoni. E clicco stavolta su “Cambia offerta/servizio”.

Arrivo qui:

Schermata cambio offerta

Mi trovo davanti a  tutto tranne che l’opzione di “Cambiare offerta”. Mi butto. Sarà sotto la tendina “Prezzo”? Proviamo…

Eccola! Seleziono l’opzione che avevo letto nel messaggio di errore, ossia “Economy cambio biglietto” e clicco su Continua.

Schermata finale del cambio offerta

Mi appare l’ennesima schermata da cui a malapena evinco il cambio richiesto, visto che in primo piano ho la data e orario vecchi, che vorrei cambiare.

Ma guardando la tabella sottostante, effettivamente, c’è un Quadro sintesi modifiche che mi dice che…ho cambiato tariffa. Anzi no, era offerta. Offerta/servizio. Ma qui la chiamano “Nuova offerta/classe”. Eh!?

L’unica cosa chiara è che devo pagare 37 euro di differenza. Ma non appare da nessuna parte la nuova data e orario da scegliere, per cui io mi fermo.

Non mi fido di cliccare su Continua, pagare, e non essere certa che poi potrò modificare le mie date.

Desisto, getto la spugna. Non avrete i miei soldi! Aaaarghh!!

THE END

Titoli di coda.

*******************************************************

Ecco, io per lavoro faccio questo: progetto flussi e pagine (o step, per processi non digitali) in modo che siano:

  • chiari su cosa sta succedendo in ogni momento
  • facili da percorrere
  • piacevoli da usare, senza causare stress o frustrazione in chi li usa.

…aspettate! Ci sono gli outtake!

Volete sapere qual’era la procedura corretta? Ecco una splendida pagina di spiegazione sul sito di Trenitalia, gentilmente fornitami dall’efficiente account Twitter de Le frecce.

Non ha niente a che fare con ciò che ho fatto io ma per loro è quella giusta. Chissà chi ha ragione?

Perché adoro il Kindle (dopo averlo usato)

Non ho fatto in tempo a scartarlo che  già mi aveva colpito per la leggerezza e per il formato super compatto. Il Kindle (l’e-book reader di Amazon) è pensato per essere letto, come un tascabile, ed entra nel taschino dei pantaloni.

Kindle E-book readerSecondo me è un oggetto azzeccatissimo e molto usabile.

Si tiene anche con una mano sola e si sfoglia con un dito della stessa, anche se siete mancini. Ma non è touch, e forse anche questo ne aumenta il fascino, per me.

Mi è tornato particolamente utile in qualche viaggio, durante spostamenti o pause pranzo, ma anche a casa.

Le pagine si leggono benissimo (specialmente se il formato del file è quello apposito, perché la lettura dei pdf potrebbe essere più complicata). Il contrasto e la leggibilità sono elevati e del tutto replicanti l’esperienza della carta stampata, e la mancanza di retroilluminazione non stanca la vista.

Volendo si può cambiare il font  o modificare la dimensione, ma io l’ho lasciato così perché mi sembra davvero di leggere su carta.

Si possono anche prendere appunti, sottolineare passaggi, oltre ovviamente a ripartire da dove ho interrotto la lettura ogni volta che riapro uno dei libri. E una volta finito di leggere, posso assegnare un punteggio e condividere la mia valutazione online.

Less is more: non c’è nulla di eccessivo in questo dispositivo: non è enorme, non è a colori, non si illumina, non serve a navigare anche se ha un browser e si connette via wifi, non ha uno schermo tattile. Eppure, o forse proprio per questo, assolve al suo scopo in modo eccellente.

Un prodotto che consiglio a chiunque voglia entrare nel mondo degli e-book reader. E già che ci siete, perché non scaricare alcuni dei tantissimi libri classici disponibili gratuitamente in formato .mobi? Magari è l’occasione giusta per rileggere L’isola del tesoro o Il mastino di Baskerville tra una metro e un bus.

“La spesa che non pesa” e invece è pesantissima.

Cara Coop,

io ti sono davvero molto grata per aver messo su un sistema di ordine online e consegna a domicilio della spesa. Chiunque lavori a tempo pieno in una città cronovora¹ come Roma sa benissimo come questo servizio possa svoltare la giornata, la settimana e soprattutto i fine settimana, che tutto si vuole fare tranne che spenderli in fila al supermercato.

Certo però che già che c’eri, potevi anche sforzarti un pochino di più e progettarlo meglio il sito, eh? Ti faccio qualche piccolo esempio, giusto per spiegarti cosa intendo.

Il simpatico menù collassabile a sinistra (nomen omen!), quello con millemila categorie alimentari e non: ti eri accorta che non è pienamente compatibile con Chrome? Oppure hai mai provato a usarlo su un net-top o un qualsiasi aggeggio con uno schermo a 10-12 pollici? Ecco, c’è da diventarci matti.

E se io volessi ovviare al menù, magari anche perchè certe categorie e sottocategorie sono discutibili (lo yougurt intero biologico bianco sta sotto bio ma non sotto bianco, ed entrambi sotto intero e non sotto salutistico)? Proviamo con la ricerca prodotti. 5 su 10 mi darai un simpatico errore (java, sql o oracle, fate voi) come questo:

Ma poi mi accorgo che c’è la ricerca veloce! Fantastico, ma come mai c’è la ricerca veloce? Sarà mica che quella standard è…lenta? Mah, proviamo. Ah, ecco, la ricerca veloce in realtà è più intelligente dell’altra perché visualizza i risultati con dei breadcrumb alle categorie di appartenenza (in effetti, utile). Peccato però che i link dei breadcrumb non sono cliccabili. Vuoi vedere che in fondo non si tratta di un breadcrumb vero?

Proviamo a tornare indietro allora… vado con il back del browser (come fa il 90% degli utenti)? Sbagliato!! La pagina viene ricaricata e la mia ricerca è perduta per sempre, così come i prodotti nel carrello! E giù improperi e disperazione e anatemi.

A meno che io, saggiamente, non abbia salvato il carrello. Io alla terza spesa persa con carrello stracolmo, ho imparato a salvare il carrello dopo ogni singolo prodotto aggiunto. Una cosa da demolire la pazienza anche di Madre Teresa di Calcutta (pace all’anima sua). Non solo ricarica la pagina ogni volta, ma un simpatico pop-up mi informa che il carrello è stato aggiornato correttamente. Solo che devo cliccare su OK per confermare al sistema che sì, ho letto, grazie. Centoventiquattro click su OK per una spesa media. Ma ci sta, suvvia: almeno sto tranquilla.

…sicura sicura? Ieri faccio la spesa e non la completo perché non so quando sarò in casa per la consegna. Completo il carrello e lo salvo, dandogli persino un nome: “spesa dell’11 settembre” (la cabala doveva pur dirmi qualcosa).

Oggi scopro di avere uno spazietto libero e corro a recuperare il carrello:  il nome del medesimo non lo trovo da nessuna parte (ma magari sono io, l’utonta²). Provo a cliccare su “carica carrello salvato” e mi compare effettivamente nella pagina. Ma non è mica fatta, eh? Il carrello “caricato” non è veramente inserito nel carrello: è solo richiamato nella pagina! Quindi in fondo in fondo alla pagina (sia mai che lo notiamo subito) compare la scelta di “aggiungere al carrello” oppure “sostituire al carrello”. Visto che avevo un prodotto nuovo messo in carrello oggi, clicco su “aggiungere”. Ovviamente non si aggiunge nulla, e me ne accorgo perché fa fede il conto in euro che mi compare sulla destra della pagina. Resta fermo su un paio di euro. Non può essere.

Allora riprovo con “sostituisci”, tanto quell’unico prodotto ci metto un attimo a ripescarlo e aggiungerlo dopo, no? No. L’intero carrello salvato si cancella e il mio nuovo carrello è composto dal pacco di zucchero di oggi. Un bel pacco, è il caso di dirlo.

Io ci rinuncio.

I ragazzetti che mi mandi a casa sono simpatici e sorridenti, e questo è bellissimo, lo so.

Però io ci combatto tutti i giorni coi siti non usabili, per lavoro, per piacere, per la contabilità, per la banca: se ora devo impazzirci anche per la spesa online, che in teoria dovrebbe farmi risparmiare tempo, allora sai che ti dico, cara Coop? Allungo sulla via del ritorno e vado all’Auchan. Non per ripicca, è che hanno molte più cose senza glutine di voi.

Senza rancore.

(Ma tu, cara Coop, ci hai mai pensato a quanti  mancati introiti ti perdi per strada per non aver testato a sufficienza l’usabilità e l’affidabilità del sistema? Ecco. Fatti due conti, e se non sei completamente imbecille, assumi uno UX designer per rifarti l’e-shop come si deve.)

¹Me lo sono appena inventata questo termine, d'altra parte chi vive a Roma sa di cosa parlo, chi no... questo è il mio blog, faccio come mi pare! ;)
²Termine che odio, utilizzato in genere dalla IT per deprecare gli utenti quando dimostrano la pessima usabilità delle loro soluzioni digitali.